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L'editoriale del 24 giugno 2018

Peppone DonCamilloNon finisce di stupire la capacità che ha Papa Francesco di trovare frasi ad effetto. Una di queste l’ha pronunciata giovedì 21 a Ginevra al Consiglio Ecumenico delle Chiese. Lavorare per l’unità delle Chiese per difendere giustizia e pace è come “lavorare in perdita” ha detto il Papa. Non pensando a tutelare soltanto “gli interessi delle proprie comunità saldamente legati ad appartenenze etniche o ad orientamenti consolidati siano essi “conservatori o progressisti” “Bisogna scegliere, ha detto, di essere del Signore prima ancora che di destra o di sinistra” bisogna scegliere il fratello prima che se stessi e questo agli occhi del mondo è lavorare in perdita. Altrettanto significativo è stata la sottolineatura al fatto che per noi cristiani “lavorare insieme non è una strategia per far valere maggiormente il nostro peso, ma un atto di obbedienza nei riguardi del Signore e di amore nei riguardi del mondo”.
Quante volte nel lavoro cristiano nelle parrocchie si ha l’impressione di “lavorare in perdita”. Non vedi risultati, non vedi slanci di entusiasmo, non vedi nuove partecipazioni, non vedi continuità nel servizio. Allora pensi che stai lavorando in perdita. Eppure l’azione pastorale può essere condizionata da due pericoli: l’adattamento al mondo o la paura del mondo. L’adattamento al mondo è la perdita dell’identità cristiana, e la paura del mondo è la chiusura in un fortino perché ci si sente assediati. Oggi purtroppo nelle parrocchie sono presenti entrambi questi sentimenti. Abbiamo affidato ad altri il pensiero cristiano che lo usano ai propri fini propagandistici o peggio ancora ci siamo rinchiusi “nelle sacrestie” che è quello che vogliono coloro che vorrebbero ridurre il cristianesimo all’ insignificanza. Non è quello che ho cercato di trasmettervi in questi anni.

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