L'Editoriale di Don Ettore del 31 luglio 2016
- Dettagli
- Categoria principale: ROOT
- Categoria: L'Editoriale
- Pubblicato: Lunedì, 01 August 2016 09:30
- Scritto da Super User
- Visite: 1012
“Se Mosè, o Geremia o Gesù avessero pensato che il loro messaggio potesse venire inteso come un discorso edificante da farsi in un luogo sacro, o in uno spazio interiore isolato dal resto della vita, si sarebbero meravigliati e sdegnati. Né per Mosè e i profeti, né per Gesù le loro parole erano destinate a un versante religioso della vita, perché questo versante religioso non esisteva” (Paolo De Bendetti: La morte di Mosè e altri esempi). Commentando questo testo Luigino Bruni sull’Avvenire di domenica 24 luglio scriveva: “Non comprenderemo la forza e la natura delle parole dei profeti se pensiamo siano solo una faccenda religiosa. Essi parlano della vita, di tuta la vita, solo della vita. Le fedi iniziano a morire e a pervertirsi quando creiamo uno spazio religioso e lì dentro le imprigioniamo. Nessuna fede ci libera senza l’aria aperta della città. Sono gli idoli che hanno bisogno dello spazio del sacro, ben recintato e protetto”.
Con tutto quello che sta accadendo in Europa il rischio è quello di rinchiuderci nello spazio sacro, di trasformare la religione in uno spazio di rifugio sicuro. L’uccisione del sacerdote francese Jacques Hamel è la conferma che non esistono spazi ben definiti e anche in una Francia laicizzata il suo martirio ha fatto emergere una realtà cristiana per nulla marginale che ha ancora un ruolo fondamentale nella costruzione di una Europa che non rinneghi le sue origini cristiane. La reazione dell’opinione pubblica in Francia e non solo è la prova che lo spazio sacro non può fermare una testimonianza che va oltre e che rende bersaglio la Chiesa che sembrava estranea all’offensiva jihadista.