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L'Editoriale del 19 marzo 2017

PapaFrancescoMilanoParole che liberano.
Qualche volta la superficialità, qualche volta la fretta, qualche volta la poca attenzione, sta di fatto che quando preghiamo alcune parole ci scivolano via e non lasciano traccia in noi. Eppure nella liturgia della domenica  preghiamo con parole profonde come quelle del Padre Nostro: …non ci indurre in tentazione, ma liberaci del male. Amen! Quasi non bastasse il celebrante aggiunge: “liberaci Signore da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l’aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato…”.  Dunque ci sono parole che hanno un grande significato e rimandano alla consapevolezza di aver bisogno di essere liberati dal peccato, dal male che facciamo e dal male che ci circonda. Se Gesù nel Padre Nostro ha inserito l’invocazione ad essere liberati dal male significa che Lui aveva ben presente ciò a cui siamo esposti, e ciò che ci avrebbe condizionato perfino nella nostra libertà: il peccato. Oggi se ne parla poco, anzi alcuni comportamenti proprio perché li fanno tutti diventano legittimi anche se oggettivamente sono male, e si tende a cancellare la responsabilità individuale. Come contrastare questa deriva pericolosa che tende a vanificare la mia libertà in una libertà collettiva che rende evanescenti le nostre azioni fino a non considerarle più male o peccato? La risposta la troviamo nel vangelo di questa domenica: “Se rimanete fedeli alla mia Parola sarete davvero miei discepoli, conoscerete la Verità e la Verità vi farà liberi”. Dunque la verità cioè Cristo è l’unico criterio di libertà. Non solo parte da lui la liberazione dal peccato e dal male, ma ci offre anche il criterio di giudizio per valutare ciò che è bene da ciò che è male, ciò che è conforme alla vita cristiana e ciò che non lo è. Ci travolgono parole manipolatrici, capaci di farti credere bene ciò che invece è male, e solo la Parola smaschera l’inganno e ci rende veramente liberi.

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